L’Ultima spiaggia (Roberto Innocenti)

Una delle letture più belle

Un racconto sull’immaginazione, sulla ricerca dell’immaginazione, che celebra il potere dell’immaginazione e il cui messaggio principale alla fine è che per l’immaginazione non c’è mai un’ultima spiaggia, ma ci sono sempre nuovi mondi da scoprire se noi le diamo ascolto.
Il messaggio è un tutt’uno con le fantastiche illustrazioni di Roberto Innocenti, fatte di dettagli minuziosi, dai piccoli elementi degli interni a quelli di richiamo urbano e naturalistico, fatte di sapienza artistica e grafica, tali che ti prendono per non lasciarti mai più.
I vari personaggi della storia sono personaggi del passato, del mondo della letteratura, del cinema, personaggi di altri racconti e romanzi di altri scrittori, e quindi Innocenti, che è uno dei personaggi lui stesso, nei suoi incontri ci fa incontrare Twain, Stevenson, Andersen, Lorre, Grey, Maigret, Calvino, Melville, Dickinson, De Cervantes: immaginazioni diverse di epoche diverse che si incontrano su questa spiaggia, la spiaggia senza tempo dell’immaginazione.

“Allora filiamocela in qualche posto dove la gente non si meraviglia della meraviglia e ti strizza l’occhio, che ne dici capo?
E io feci propro così.”

Roberto Innocenti, J. Patrick Lewis, L’Ultima spiaggia, Cornaredo, La Margherita Editore, 2008

Illustrazioni di Roberto Innocenti tratte dal libro

Mostra di opere di M. C. Escher all’Auditorium di Renzo Piano

Nel week end abbiamo deciso di stare fuori casa tutto il giorno.
Avevamo voglia di vivere qualcosa tra il culturale e il ludico, così, dopo il pranzo cinese, abbiamo optato per andare a vedere qualche mostra, dato che a Roma c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Individuata la mostra che ci aveva attratto di più, ci siamo diretti all’Auditorium di RENZO PIANO.
L’Auditorium è davvero uno spazio multifunzionale molto piacevole, l’intera struttura architettonica è superba, e puoi passeggiare tranqullamente, il verde si unisce gradevolmente a una serie di spazi a carattere culturale (sale per esposizione, sale per convegni, sale per i concerti, spazi per far giocare i più piccoli, la cavea, libreria, ecc.).
Vedi girare gente che è palesemente interessata a qualche forma artistica e culturale…e questo mi è piaciuto molto.
Noi abbiamo scelto di andare a vedere una piccola mostra delle opere di MAURITS ESCHER (MAUK), un piccolo ma superbo tuffo nel mondo di questo artista olandese che è sempre da riscoprire: mostra di opere e a conclusione un illuminante video di produzione giapponese, che ci ha tenuti là inchiodati fino alla fine a occhi spalancati e … bocca aperta!
Dopo, come d’abitudine, d’obbligo un giro nella libreria, dove lasciamo sempre un pò di euro:-)


M.C. Escher, “Day and Night,” woodcut, 15 x 28″, 1938


Auditorium di Renzo Piano, Roma

Fontana di Trevi. Red passion… or red blood?

Red passion… or red blood?
Red Trevi, of course!!!

In questi giorni si parla molto della Fontana di Trevi, dopo quanto accaduto alcuni giorni fa, quando un “tipo”… un “artista” … un “futurista”… (un che?….) ha colorato di rosso l’acqua della settecentesca fontana romana progettata da Nicolò Salvi, riversando nella vasca una buona quantità di anelina, per fortuna con effetti non permanenti (per fortuna?).
Il gesto è firmato:  “Ftm Azione Futurista 2007”…
Una scatola contenente alcuni volantini è stata trovata al lato della Fontana di Trevi: la rivendicazione futurista2007 attacca fra l’altro la Festa del Cinema di Roma. Non a caso come obiettivo dell’azione è stata scelta la vasca d’acqua in cui Anita Ekberg si immergeva di notte sotto gli occhi di Marcello Mastroianni nella Dolce Vita di Fellini e dove Totò si divertiva a “trufffare” i turisti ingenui offrendo loro la Fontana stessa in vendita.”Inizia così – si legge nei volantini – per noi futuristi un nuovo millennio, una nuova adesione alle evolute tecniche e ai nuovi mezzi espressivi, interpretando un rinnovamento totale”.
Ma lo sconosciuto movimento si scaglia anche contro “società mercatocentrica”, che trascura “precari, disoccupati, anziani, malati, studenti, lavoratori” e finanzia iniziative come la Festa del Cinema descritta come “15 milioni di euro scialacquati, 2,5 milioni di euro solo per pagare il conto degli alberghi, e la chiamano festa”. Infine uno sberleffo al cinema di Roma: “Quattro cortigiane, una vecchia gallinaccia e un puffo – è scritto nel volantino – questo è il Cinema di Roma”.

        

Questo recente episodio che ha interessato la tanto “amata” fontana romana è divenuta una notizia che ha girato il mondo e si è aperto un ampio dibattito: il gesto del tipo è un gesto deplorevole o un gesto “artistico”?

Red passion… o red Blood?

Il Sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha commentato dicendo che “si tratta di quel tipo di gesti a cui è estranea la cultura democratica. E’ un gesto – ha proseguito Veltroni – per far del male a una comunità, per esprimere rabbia, invidia, odio, un clima insomma che, in questo paese, dobbiamo cercare di debellare” con un’azione di “matrice democratica”.

L’atto vandalico ai danni della Fontana di Trevi, patrimonio non solo della città di Roma ma del mondo intero, è uno sfregio intollerabile che ci lascia sbigottiti” dice il capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli.

Il vicepresidente del Consiglio e ministro per i Beni e le Attività Culturali Francesco Rutelli ha espresso la sua “indignazione e preoccupazione per il gesto intollerabile e irresponsabile di vandalismo alla Fontana di Trevi”. “Se fosse già in vigore la legge da me presentata contro il vandalismo, contro i furti d’arte e i danni al paesaggio- sottolinea – avremmo strumenti molto più severi nei confronti di questi delinquenti”.

Di contro il segretario della Fiamma Tricolore, Luca Romagnoli, ha affermato: “E’ stato un grande atto dimostrativo, davvero ammirevole, davvero futurista. Anche perché non ha causato alcun danno permanente. Il sindaco Walter Veltroni si e’ arrabbiato per la contestazione e oggi afferma che è un gesto contrario alla cultura democratica”. E’ ovvio a nessuno piace essere criticati. Lui forse avrebbe preferito solo gli applausi per la sua festa del Cinema. Ma a Roma ci sono persone – aggiunge poi Romagnoli – che non pensano di certo al cinema, perché non hanno un lavoro stabile, sono in emergenza abitativa e non riescono ad arrivare alla fine del mese”.

Siamo estranei all’atto, non conosciamo la sigla ‘FTM Azione Futurista’ ma se si tratta di un’azione dimostrativa contro la pagliacciata della Festa del Cinema esprimiamo solidarietà a chi l’ha fatto” ha commentato Gianluca Iannone, responsabile di Casa Pound e padre spirituale del Circolo Futurista di Casal Bertone in merito all’atto vandalico. “Ci sembra una bella azione dimostrativa e quasi ci spiace non averlo fatto noi. Invece di spendere milioni di euro per una festa – ha detto ancora – avrebbero potuto costruire case, visto che a Roma c’è tanta gente che dorme per strada e nelle macchine”.

A parte i politici si sono poi pure scatenati molti “nomi importanti”…che forse per  il gusto di fare i trasgressivi, che fa più effetto e personalità, a ruota libera hanno lasciato commenti del tipo: “Fontana di Trevi Rossa. Finalmente! Evviva!”, ha scritto domenica su La Stampa Ugo Nespolo,pittore e scultore della pop art, commentando il gesto dell’uomo col cappellino che ha versato nella fontana due litri di anilina.
E ancora, sempre lui, scrive: «Meglio «delle idiozie educate di un Christo» o degli «impiccatini milanesi delle boutiques cattelanesche».

«È incredibile quante e-mail mi siano arrivate in poche ore», racconta Roberto D’Agostino, l’inventore del sito Dagospia, tutte a favore del gesto d’arte. In fondo, davanti a quell’immagine della fontana rossa, anch’io ho pensato: oddio, è risorto Andy Warhol!

«Ma sì, naturalmente i bigotti si sono spaventati, perché la creatività spaventa — attacca Oliviero Toscani, mago delle provocazioni — Finalmente invece ecco una cosa fresca: che bello, che meraviglia, una fontana rossa di un rosso che non è sangue, non è violenza. Un’azione molto futuristica, non c’è dubbio. Roma che ha ancora le mestruazioni, Roma che non è in menopausa, può avere ancora bambini, è ancora fertile».

Sembra che Toscani abbia pure incontrato il “tipo”, Graziano Cecchini, il presunto autore della beffa, che proprio ieri, davanti alla Questura di Roma, più futurista che mai, dettava ai cronisti: «C’è il rosso del Red Carpet, il rosso Valentino e il rosso Ferrari. Ora c’è anche il rosso Trevi».

Red passion… or red blood? Red Trevi, of course!!!

Poi si sono scatenati pure i sociologi, i filosofi, gli scrittori, i musicisti…

«Tenuto conto che non c’è stato danno, è stata un’alzata d’ingegno, una bravata — riflette serio il sociologo Franco Ferrarotti. Ma se c’è una scintilla di genio in questo atto sta proprio nella scelta del colore: rosso vero, vermiglio, che ha richiamato tutti alla realtà sanguinosa di quest’epoca».

«Ugo Nespolo ha ragione — osserva il filosofo Gianni Vattimo — quando dice che il rosso di Trevi può essere una via d’uscita al grigiore delle nostre città. Il problema delle città oggi è di essere grigie, la gente è infelice. Per questo trovo che la fontana rossa non sia stata una cattiva idea. Il paradosso estremo, però, se volete, è che il rosso nella fontana è stato sparso da uno di destra, a quanto sembra. L’unica speranza di vedere ancora il rosso in giro, dunque, sta dall’altra parte».

Allo scrittore Fulvio Abbate (Roma, guida non conformista alla città) la Fontana Rossa è piaciuta molto: «Sul momento ho pensato che fosse un’idea del sindaco. Mi sono detto: vedrai, è stato Walter, il direttore artistico di Roma, si è inventato la cosa più straordinaria di questa seconda edizione della Festa del Cinema, quella che tutti ricorderanno».

Fascino antico, il mito che risorge: Balla, Marinetti, Boccioni, Depero. Così ora si scopre un po’ futurista perfino Ennio Morricone, il grande compositore e premio Oscar alla carriera: «Quel tizio si merita una multa, ma ha avuto davvero un’idea geniale».

E cosa dicono ii critici d’arte, gli opinionisti e gli architetti?

Duccio Trombadori, critico d’arte, dice: «Per finire l’opera il fantasioso tintore avrebbe dovuto aggiungere un po’ di giallo. Sarebbe stata perfetta: fontana giallorossa, capolavoro del futurismo».

È stata una bravata indolore — afferma Giampiero Mughini, il celebre opinionista — Il futurismo andava contro le grandi istituzioni culturali mummificate e questa è stata un’azione contro la Festa del Cinema. Un gesto divertente, che farà bene anche al suo destinatario, il mio amico Walter Veltroni, che gode ormai di una devozione che a confronto Starace è niente».

E Renato Nicolini, architetto, padre indiscusso dell’Estate Romana, (docente alla mia Facoltà di architettura, “strampalato e tutto un personaggio”, un  mondo a sè, con il quale tante volte ci si intratteneva), ricorda: «Questo episodio mi ha fatto tornare indietro al ’67 quando noi della Fgci organizzammo una protesta contro il vicepresidente americano Humphrey e mettemmo l’anilina proprio nella Fontana di Trevi. Una dose omeopatica, in verità, non come quella usata dal neofuturista di venerdì. Mettemmo pure una bandiera del Vietnam sulla cupola di San Pietro e gettammo vernice gialla contro Humphrey all’uscita del Teatro dell’Opera. Veltroni, però, ancora non c’era. Troppo piccolo…».

Il bello di tutto questo è che ora il presunto colpevole nega tutto!

Così dice ai giornalisti che lo hanno intervistato:

Graziano Cecchini, perché l’ha fatto?
“Mica l’ho fatto io”.
Non è credibile: lei è stato ripreso da telecamere.
“Guardi che se fossi stato io non avrei alcun problema a dirlo. Anzi, domani (oggi) alle 10 di mattina darò la mia versione dei fatti assieme al mio avvocato in una conferenza stampa davanti alla questura di Roma”.
Ci sono le immagini che la ritraggono accanto alla fontana mentre versa il liquido rosso.
“Insisto: quello non sono io. È qualcuno che mi somiglia molto….Se fossi stato io continuerei su questa strada, mettendo alla berlina alcuni personaggi, magari versando loro del liquido blu sulla testa”.
Ma ad un certo punto della conversazione con i cronisti, l’accusato si tradisce, forse coscientemente, e ammette: “Chi ha apprezzato il mio gesto è un grande. Tutti mi rifiutano sia a destra che a sinistra. Sono un uomo libero, un artista, un futurista”.

…… uhm…

Mi chiedo: è giusto leggittimare un atto non autorizzato?
E’ giusto che per esprimere la propria artisticità o la propria diversità d’opinione si agisca su un Bene storico proprietà di tutti?
E’giusto agire sull’opera di un altro artista, anche se non è stato un atto permanente?
E’giusto mettersi in evidenza mondiale con azioni di forza come queste?
Possiamo considerate un gesto simile come “arte”? e che tipo di arte? arte moderna?
E’giusto che l’arte abbia dei connotati politici?
Chissà che ne pensa Oceano, il Dio del Mare….

E voi, cosa ne pensate?

La Pietà. Michelangelo Buonarroti

Quando la mente e le mani vogliono creare bellezza

LA PIETA’ (Michelangelo Buonarroti)

Opera: Pietà di San Pietro
Data: dal 1498 al 1499
Materiale: originale in marmo statuario, calco in vetroresina
Dimensioni: calco al vero dall’originale; misura 175 cm in altezza e 95 cm in larghezza
Luogo di conservazione originale: Roma, Basilica di San Pietro

Michelangelo concepì la sua attività come un’incessante ricerca dell’ideale di bellezza: fu un artista poliedrico, che si sentiva fondamentalmente scultore, ma le cui capacità gli permisero di essere un genio in molte forme d’arte: scultura, pittura, architettura, poesia.

Crescendo il suo desiderio più grande era diventare uno scultore, mentre il padre voleva a tutti i costi che diventasse un letterato, per cui Michelangelo disegnava di nascosto…

Michelangelo è un autodidatta, concepisce l’arte come ispirazione interiore, furor dell’anima

Un Michelangelo poco più che ventenne, alle prime esperienze romane, scolpisce la Pietà, gruppo scultoreo raffigurante la Madonna con in grembo Cristo senza vita, quella che è una delle opere d’arte più famose nel mondo e unica opera da lui firmata: un giorno che Michelangelo entrò in San Pietro vide un gruppo di visitatori lombardi che lodavano tale statua ed uno di essi disse che era stata fatta dal Gobbo di Milano. Michelangelo entrò di notte in San Pietro e vi intagliò il proprio nome sulla cintola che attraversa il petto della Madonna: ANGELUS BONAROTUS FLORENTINUS FACIEBAT.

Scolpita nell’arco di un anno, l’opera determinò la notorietà di Michelangelo già in età giovanile.

Per Michelangelo la scultura era una pratica particolare secondo la quale l’artista aveva il compito di liberare dalla pietra le figure che vi sono già imprigionate, per questo egli considerava la vera scultura quella “per via di togliere” cioè di togliere dal blocco di pietra le schegge di marmo.

L’iconografia della Pietà come gruppo scultoreo era di origine tedesca, nata nel quattordicesimo secolo: una Vergine dal volto straziato dal dolore e solcato dalle rughe, quindi il volto di una donna anziana, mentre il corpo di Cristo appariva quasi scarnificato, irrigidito, coperto da tagli e ferite sanguinanti.

Michelangelo dà per la prima volta un’interpretazione del tutto nuova e sconvolgente a questo tema.

Splendido il contrasto tra l’ampio panneggio dato dagli abiti della Vergine e il corpo nudo di Cristo.

La sua mano destra quasi sospesa perché incespicata nel manto della madre, ci dà il senso della gravità della morte, mentre la Madre, bella e incredibilmente giovane, ci mostra un dolore contenuto che è già certezza di risurrezione.

Il gesto solenne che la caratterizza, con la mano sinistra allontanata dal corpo e con il palmo rivolto verso l’alto, sembra alludere alla sua rassegnazione alla volontà divina e a richiamare l’attenzione di chi guarda sulla tragedia del Figlio.

Quel gesto misurato sembra essere il punto dove tutte le energie dell’opera si riversano.

Oltre che dal contenuto, si è colpiti dall’opera anche per questioni tecniche.

La perfezione anatomica del corpo di Cristo, i suoi dettagli epidermici, come i polsi con le vene rese visibili dalla naturale affluenza del sangue verso il basso; le differenti peculiarità delle varie superfici raffigurate, come le zone ruvide e opache nel basamento di ispirazione naturalistica, con rocce e tronchi d’albero, o l’eccellente panneggio, che sul busto della Vergine ha un andamento spezzato a brevi intervalli, mentre dalla vita in basso le pieghe diventano larghe e massicce, tipiche di un tessuto pesante e volumetricamente consistente.

Tutto l’insieme è dolcissimo, con un’ armonica concordanza nelle congiunzioni delle membra: Michelangelo va al di là del reale.

L’opera scultorea della Pietà  sembra concepita in una dimensione che è al di là della realtà naturale, al di là dello spazio: la luce deve scorrere sulla forma levigata senza penetrarla, l’aria non deve avvolgerla ed offuscarla.

Riaffiorano in Michelangelo le tracce di un platonismo estremo che tramite la contemplazione delle bellezze terrene aspira ad una bellezza divina e si vale perciò dell’arte quasi fosse uno strumento d’amore un amore che non significa possesso esclusivo bensì dono totale: Michelangelo avvicina l’arte alla filosofia.

Michelangelo. Schizzo preparatorio. Musée du Louvre, Paris.